Ricorso  del  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri   (c.f.
80188230587), rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale
dello   Stato    (c.f.    80224030587    fax:    06-96514000,    PEC:
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it)   presso   i   cui   uffici    e'
domiciliato in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, ricorrente; 
    Contro Regione  Lombardia  (c.f.  80050050154),  in  persona  del
Presidente della Giunta regionale legale rappresentante pro  tempore,
con sede in Milano, Piazza  Citta'  di  Lombardia  1,  c.a.p.  20124,
resistente; 
    Per la dichiarazione di illegittimita'  costituzionale  dell'art.
1, comma 1, lett. m) della legge regionale  della  Lombardia  del  26
novembre 2014, n. 29, pubblicata sul BUR n. 48 del 27 novembre  2014,
recante  «Disposizioni  in  materia  di  servizio  idrico  integrato.
Modifiche al Titolo V, Capi I, II e III,  della  legge  regionale  12
dicembre 2003, n. 26 (Disciplina  dei  servizi  locali  di  interesse
economico generale. Norme in materia  di  gestione  dei  rifiuti,  di
energia, di utilizzo del  sottosuolo  e  di  risorse  idriche)»,  per
violazione indiretta dell'art.  117,  primo  comma  e  dell'art.  117
secondo comma, lettere e) ed s) della Costituzione. 
    La violazione indiretta dipende dalla  violazione  dell'art.  106
del Trattato sul Funzionamento  dell'Unione  Europea  (TFUE)  al  cui
rispetto   la   legislazione   regionale   e'   tenuta    in    forza
dell'appartenenza all'ordinamento comunitario. Secondo  l'ordinamento
comunitario il servizio idrico e' riconducibile  alla  categoria  dei
servizi di interesse economico generale e in quanto tale e'  soggetto
al principio della libera concorrenza e dell'affidamento dei  servizi
mediante procedura ad evidenza pubblica (Libro verde sui  servizi  di
interesse generale, Bruxelles, 21.05.2003, COM (2003), 270), art. 106
TFUE), violando in tal modo anche  l'art.  117,  primo  comma,  della
Costituzione. 
Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1,  lett.  m)  della
legge regionale della Lombardia del 26 novembre 2014, n. 29. 
    Con  la  legge  regionale  26  novembre  2014,  n.  29,   recante
«Disposizioni in materia di servizio idrico integrato.  Modifiche  al
Titolo V, Capi I, II e III, della legge regionale 12  dicembre  2003,
n. 26 (Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale.
Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del
sottosuolo  e  di  risorse  idriche)»,  la  Regione  Lombardia  detta
disposizioni in materia di  servizi  locali  di  interesse  economico
generale e, in particolare, in materia di gestione  dei  rifiuti,  di
energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche. 
    La legge regionale de  qua  presenta  profili  di  illegittimita'
costituzionale, che di seguito si illustrano. 
    L'articolo 1, comma 1, lettera m), della legge 26 novembre  2014,
n.  29,  modifica  la  legge  regionale  12  dicembre  2003,  n.   26
(Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale. Norme
in materia di gestione dei  rifiuti,  di  energia,  di  utilizzo  del
sottosuolo e di  risorse  idriche)  prevedendo  che  «m)  al  secondo
periodo del comma 1 dell'articolo 49 le parole "non superiore a venti
anni" sono sostituite dalle seguenti: "non superiore a  trenta  anni.
Tale termine si applica anche alle concessioni gia' sottoscritte.». 
    A seguito di tale modifica, la nuova formulazione  del  comma  1,
dell'articolo 49  rubricato  «Organizzazione  del  servizio  idrico»,
recita: 
        «1. Le province e il Comune di  Milano,  per  l'ambito  della
citta' di Milano, organizzano il servizio idrico integrato a  livello
di ATO nel rispetto del piano  d'ambito  e  deliberano  la  forma  di
gestione  secondo  quanto  previsto  dalla  normativa  comunitaria  e
statale, acquisito il parere vincolante della Conferenza dei  Comuni.
Il servizio e' affidato ad un unico soggetto per ogni ATO  e  per  un
periodo non superiore a trenta anni. Tale termine  si  applica  anche
alle concessioni gia' sottoscritte». 
    Il legislatore regionale modifica la precedente disposizione  che
consentiva una durata massima dell'affidamento del servizio idrico di
vent'anni -  peraltro  lasciando  invariata  la  previsione  che  «le
province e del  Comune  di  Milano  organizzano  il  servizio  idrico
integrato a  livello  di  ATO  nel  rispetto  del  piano  d'ambito  e
deliberano la forma di gestione» - stabilendo una proroga  ope  legis
di detto affidamento anche per le concessioni  che  sono  gia'  state
sottoscritte, ponendosi  con  cio'  in  contrasto  con  la  normativa
statale in materia di tutela dell'ambiente e  della  concorrenza  che
prevede il ricorso a gara ad evidenza pubblica o  all'affidamento  in
house providing. 
    In  particolare,  l'art.  149-bis  del  decreto  legislativo   n.
152/2006 (Codice dell'ambiente)  stabilisce  che  l'ente  di  governo
dell'ambito «delibera  la  forma  di  gestione  fra  quelle  previste
dall'ordinamento     europeo      provvedendo,      conseguentemente,
all'affidamento del servizio nel rispetto della  normativa  nazionale
in materia di organizzazione dei servizi pubblici locali  a  rete  di
rilevanza economica. L'affidamento diretto puo' avvenire a favore  di
societa' interamente pubbliche, in possesso dei requisiti  prescritti
dall'ordinamento  europeo  per  la  gestione   in   house,   comunque
partecipate dagli  enti  locali  ricadenti  nell'ambito  territoriale
ottimale». 
    Pertanto, le disposizioni regionali di modifica nel prorogare ope
legis il  termine  ventennale  delle  concessioni  gia'  sottoscritte
contrastano con le citate prescrizioni dell'articolo  149-bis,  comma
1, del d.lgs. n. 152 del 2006,  che  riservano  all'ente  di  governo
dell'ambito la deliberazione della forma  di  gestione  del  servizio
idrico fra quelle previste dall'ordinamento europeo e il  conseguente
affidamento del servizio nel rispetto della  normativa  nazionale  in
materia di organizzazione dei  servizi  pubblici  locali  a  rete  di
rilevanza economica. 
    Sull'argomento, la Corte costituzionale e' piu' volte intervenuta
qualificando il servizio idrico integrato come servizio di  rilevanza
economica e precisando che la disciplina della forma  di  gestione  e
delle procedure di affidamento  dello  stesso  attiene  alle  materie
tutela della concorrenza e della tutela dell'ambiente, riservate alla
competenza legislativa esclusiva dello Stato (ex  plurimis,  sentenza
n. 228 del 2013). 
    Piu' precisamente, codesta Corte ha chiarito  al  punto  3.1  del
«Considerato in diritto» della recente sentenza n. 228/2013: 
    "... Questa Corte ha piu'  volte  affermato  che  «la  disciplina
dell'affidamento della gestione del servizio idrico integrato attiene
[...] alle materie tutela della concorrenza  e  tutela  dell'ambiente
riservate alla  competenza  legislativa  esclusiva  dello  Stato  (ex
plurimis, sentenze n. 187 del 2011; n. 128 del 2011; n. 325 del 2010;
n. 142 del 2010; n. 307 del 2009; n. 246 del 2009)» (sentenza  n.  62
del 2012). In base al disposto del terzo periodo  del  comma  186-bis
dell'art. 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  -  legge
finanziaria 2010),  inserito  dall'art.  1,  comma  1-quinquies,  del
decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 2 (Interventi  urgenti  concernenti
enti locali e regioni), convertito con modificazioni, dalla legge  26
marzo 2010, n. 42, «alla legge  regionale  spetta  soltanto  disporre
l'attribuzione delle  funzioni  delle  soppresse  Autorita'  d'ambito
territoriale  ottimale  (RATO),  "nel  rispetto   dei   principi   di
sussidiarieta', differenziazione e adeguatezza",  e  non  spetta,  di
conseguenza, provvedere direttamente all'esercizio di  tali  funzioni
affidando la gestione ad un soggetto determinato» (sent.  n.  62  del
2012). In altri termini, in base alla  normativa  statale,  la  legge
regionale deve limitarsi ad individuare l'ente  od  il  soggetto  che
eserciti le competenze gia' spettanti  all'AATO,  al  quale,  quindi,
spetta sia deliberare  la  forma  di  gestione  del  servizio  idrico
integrato, sia aggiudicarne la gestione". 
    Pertanto, la proroga ope legis  dell'affidamento  della  gestione
del servizio idrico sottrae all'ente di governo dell'ambito il potere
di scelta delle modalita'  di  tale  affidamento  e  concretizza,  al
contempo, una negazione della regola della concorrenza, ponendosi  in
violazione  della  competenza  legislativa  esclusiva  statale  nelle
materie della tutela dell'ambiente e della tutela  della  concorrenza
(art. 117, secondo comma, lettere e) ed s), Cost.). 
    Le disposizioni regionali in  questione,  inoltre,  risultano  in
contrasto con il diritto dell'Unione  europea  secondo  il  quale  il
servizio idrico  e'  riconducibile  alla  categoria  dei  servizi  di
interesse  economico  generale  e  in  quanto  tale  e'  soggetto  al
principio della libera concorrenza  e  dell'affidamento  dei  servizi
mediante procedura ad evidenza pubblica (Libro verde sui  servizi  di
interesse generale, Bruxelles, 21.05.2003, COM (2003), 270), art. 106
TFUE), violando in tal modo anche  l'art.  117,  primo  comma,  della
Costituzione. 
    Secondo l'art. 106 (ex art. 86 del TCE), comma  2,  del  Trattato
sul Funzionamento dell'Unione europea, come  modificato  dall'art.  2
del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 ratificato dalla legge 2
agosto 2008, n. 130, 
        "2. Le  imprese  incaricate  della  gestione  di  servizi  di
interesse economico generale o aventi carattere di monopolio  fiscale
sono sottoposte alle norme dei trattati, e in particolare alle regole
di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di  tali  norme  non
osti all'adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica
missione loro affidata. Lo sviluppo  degli  scambi  non  deve  essere
compromesso in misura contraria agli interessi dell'Unione". 
    Pertanto, l'articolo 1, comma  1,  lettera  m),  della  legge  26
novembre 2014, n. 29,  dettando  disposizioni  in  contrasto  con  il
diritto europeo e con la competenza esclusiva dello Stato in  materia
di tutela dell'ambiente e tutela della concorrenza, viola l'art. 117,
primo comma e l'art. 117, secondo comma,  lettere  e)  ed  s),  della
Costituzione. 
    Per questi motivi la norma sopra indicata viene impugnata -  come
deliberato dal Consiglio dei Ministri nella  seduta  del  20  gennaio
2015 - davanti alla Corte costituzionale ai sensi  dell'articolo  127
della Costituzione. 
    Alla luce delle suesposte argomentazioni, voglia pertanto codesta
ecc.ma Corte dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art.  1,
comma 1, lett. m)  della  Legge  regionale  della  Lombardia  del  26
novembre 2014, n. 29, pubblicata sul BUR n. 48 del 27 novembre  2014,
per violazione dell'art. 117, primo comma  e  dell'art.  117  secondo
comma, lettere e) ed s) della Costituzione.